L’industria della moda sembra disposta a cogliere i cambiamenti in atto e a rimodulare le proprie strategie, facendo leva sui propri elementi di unicità e creatività e facendosi portavoce di un necessario “cambio di paradigma”. Il Covid-19 ha accelerato un processo già in corso, soprattutto presso le ultime generazioni, di maggiore consapevolezza delle criticità del sistema e reso possibile il proliferare di molte iniziative e percorsi alternativi, creando così una fase di transizione ricca di proposte di ogni tipo.
Negli ultimi anni, alcuni dei principali attori del fashion system hanno promosso dei cambiamenti significativi: marchi del lusso come Gucci hanno ridotto il programma delle sfilate di moda e Dries Van Noten con il supporto di Gabriela Hearst, Erdem, Joseph Altuzarra, Proenza Schouler e altri brand chiave del fashion system, hanno scritto una lettera aperta che rappresenta più di 200 marchi globali per rivoluzionare il fashion system, aderendo al G7 Fashion Pact . In particolare 250 brand di rilievo nel panorama fashion internazionale hanno aderito al Fashion Pact, un documento in cui ognuno di loro, tra cui Chanel e Prada, si è impegnato a raggiungere una serie di obbiettivi volti a una trasformazione sostenibile dell’industria.
I tre Manifesti innovativi
Tra le tante iniziative e progetti alcuni appaiono più drastici altri quasi utopici, come per esempio tre “Manifesti” che provano a ridisegnare con nuovi paradigmi il fashion system. Si tratta di percorsi talvolta volutamente astratti e teorici per promuovere il cambiamento, pronti per essere ulteriormente sviluppati dai brand e dagli operatori del settore tessile ed ecco cosa ci propongono:
L’ Earth Logic Fashion Action Research Plan è un documento condivisibile sviluppato dagli accademici Kate Fletcher e Mathilda Tham, co-fondatori della Union of Concerned Researchers in Fashion , che ha pubblicato il proprio manifesto nel 2019 e conta oltre 400 membri. Il piano sostiene un approccio “Earth-first”, costruito intorno all’idea che “senza un pianeta sano, tutte le attività cesseranno”. Earth Logic propone di scambiare la logica della crescita economica con la logica della terra cioè di prendere decisioni basate sulla sostenibilità ambientale ed ecologica piuttosto che sulla redditività. Produrre meno ma produrre meglio.
La proposta si concentra su sei aree: “meno” (riferito alle eccessive produzioni), “ locale” o “glocal” (riferito alla delocalizzazione), “plurale” (con uno sguardo a tutti, alle persone e il loro benessere), “apprendimento”(riferito alla trasmissione del know how), lingua (riferito alla necessaria sostenibilità del marketing e della comunicazione) e governance (si riferisce all’insieme di regole, leggi, regolamenti che disciplinano la gestione e la direzione di società o di enti, pubblici o privati).
Kate Fletcher ha sdoganato il concetto di “slow fashion”, in contrapposizione al concetto di “fast fashion”, designando la velocità come una “caratteristica distintiva negativa di uno specifico settore dell’industria tessile e dell’abbigliamento. Per la Fletcher, la “moda lenta” va ben oltre l’idea di decelerazione. Il principio di indumenti di qualità superiore, prodotti a condizioni eque e in quantità ridotta, costituisce la base della sua filosofia, non il fine ultimo. Se continuiamo a comprare in vasta quantità indumenti – anche se equi, organici e sostenibili – non risolveremo il vero problema. Per affrontare davvero il punto, dobbiamo ripensare al nostro rapporto con ciò che indossiamo.