“Il corpo della donna è potente quando riesce a esprimersi, quando si fa memoria della storia delle altre donne. Ho voluto scrivere questo libro per rendere mia figlia consapevole che essere donna è qualcosa di unico. La capacità della donna di agire nonostante le limitazioni date al suo ruolo nel corso della storia è straordinaria, il corpo della donna si fa potente superando l’obbligo di dover portare avanti tantissimi ruoli diversi: essere sempre bella, sempre mamma, sempre performante, sempre punto di riferimento. Spero che la famiglia le faccia da bussola quando troverà i mezzi di realizzarsi, le auguro di essere soggetto della sua vita, che si esprime, e non oggetto che deve rispondere a canoni e aspettative altrui”.
A parlare è Giorgia Cocconcelli, psicologa di Parma (giorgia.cocconcelli@alice.it) specializzata in tematiche femminili: “Mi occupo di tutto quello che ruota attorno alla crescita della donna, alla sua necessità di dover cambiare con il cambiare dell’età, della situazione matrimoniale e genitoriale”.
Il primo argomento che viene in mente, se si abbinano adolescenti femmina, come sua figlia cui il libro è dedicato, corpo e social è il body shaming. Che opinione ne ha?
“Il body shaming è sempre esistito, ma si è enfatizzato moltissimo con i social: tutti abbiamo accesso ai social, dato che sono gratuiti, e hanno modalità pervasive. Veicolano un’immagine di noi molto falsata: è un dato transgenerazionale, ma riguarda soprattutto i ragazzi, che cercano di crearsi un’immagine di successo. Il body shaming si scatena quando un’immagine non rientra in questi canoni di successo che tra l’altro non abbiamo deciso noi, ma sono decisi dai media. Sui social, anche nel body shaming, siamo tutti protagonisti e vittime: potenzialmente io posso dileggiare chiunque ma posso essere a mia volta criticata da terzi che magari nemmeno conosco. Nei ragazzini, che ancora non sono strutturati, la cosa fa colpo. Il body shaming è una tematica recente e molto attuale, legata allo sguardo oggettivamente che abbiamo sviluppato, soprattutto le donne, perché da sempre considerate oggetti: siamo le prime a criticare e ad essere criticate. Postiamo pezzi di corpo che arrivano a rappresentare tutta una persona: postando volontariamente certe foto mi deumanizzo, mi valuto in base a schemi precostituiti ai quali mi devo adeguare. In più le ragazze si postano sempre come sexy, disinibite, a volte aggressive, secondo schemi quasi maschili, con atteggiamenti forzatamente caricaturali che riprendono una tematica maschile, negando le debolezze”.
Però, come diceva lei, il body shaming è sempre esistito: tutti abbiamo preso in giro certi compagni di classe e siamo stati presi in giro da altri compagni di classe per caratteristiche fisiche…
“E’ vero, ma prima dei social il fenomeno era limitato e circoscritto: conoscevi personalmente chi ti prendeva in giro e ti ci potevi paragonare. E nessuno era perfetto: avevi quindi un termine di confronto molto realistico. I social hanno sostituito il rapporto di vicinanza. Prima dovevo guadagnarmi la palestra di stare con gli altri, adesso sfugge tutto, perché non hai modo di replicare, di confrontarti. Ora sono sempre ostaggio dello sguardo altrui, sono costantemente in mostra, devo essere sempre al mio meglio. Le ragazze oggi mancano di questi paragoni che le aiutano a strutturarsi. Se poi dietro hai una famiglia che ti riporta sul piano di realtà, diventa facile, se invece i tuoi genitori sono addirittura più social di te diventa complicato”.
Ha in parte anticipato la prossima domanda: come si aiutano gli adolescenti vittime di body shaming?
“Innanzitutto avendo consapevolezza di questi problemi. Nel mio piccolo cerco di rendere le persone consapevoli di questo. Ragazzi e ragazze sono intelligenti e hanno spirito critico, ma lo utilizzano soprattutto verso loro stessi. Se facciamo leva su questo senso critico possiamo ricordare loro che quello dei social è solo uno spicchio di mondo, che la vita sta fuori da lì, anche nella sua parte migliore. Li devo aiutare a scrivere la loro storia, dando loro dei termini di paragone, spiegando che l’umanità non è perfetta, non c’è bisogno di uniformarsi, molto meglio essere se stessi”.