Una lettura obsoleta delle nostre città contrappone i centri storici, luoghi di conservazione, alle periferie, luoghi di una più arbitraria sostituzione edilizia. È raro condurre un progetto che racchiuda in un centro storico cittadino la complessità del restauro insieme alla sfida della rigenerazione e della riscoperta degli spazi pubblici. La sfida si è innestata sulla particolarità dell’oggetto di rigenerazione, un antico monastero inutilizzato da secoli e un tempo luogo circoscritto all’interno dei suoi chiostri, spazi introversi ad uso di poche persone, con l’obiettivo al contrario di riaprirlo e restituirlo alla città e all’uso pubblico. L’intervento, condotto dal nostro studio ZAA Zamboni Associati Architettura, ha riguardato il recupero dei Chiostri benedettini di San Pietro, il più straordinario complesso monumentale della città di Reggio Emilia, a lungo un’area inaccessibile nel cuore della città storica, con l’obiettivo di rafforzarne la vocazione strategica come polo innovativo-culturale di rilievo internazionale. Il finanziamento deriva dal programma Por-Fesr Emilia-Romagna 2014-2020 Asse 6 “Città attrattive e partecipate” con l’obiettivo di innescare processi di sviluppo delle vocazioni territoriali, creando nuove opportunità di occupazione e inclusione a partire dal recupero e valorizzazione del patrimonio culturale. Il progetto ha coinvolto in un’unica operazione tre interventi strettamente correlati: il completamento del restauro del corpo monumentale, in parte attribuito a Giulio Romano, per restituirlo alla pubblica fruizione; la rigenerazione urbana tramite la demolizione dei retrostanti corpi minori e l’addizione sullo stesso sedime del nuovo fabbricato dei Laboratori Aperti Urbani, edificio destinato all’innovazione in stretta relazione gestionale con il complesso monumentale e in continuità funzionale con l’adiacente fabbricato dell’antica Scuderia, anch’essa restaurata come parte integrante dei Laboratori; la riqualificazione degli spazi cortilivi posti tra i fabbricati, riscoprendone il ruolo di attraversamento urbano e spazi di relazione restituiti alla città. La valorizzazione del non-finito, interpretando ciò che Giulio Romano non ha potuto completare nel corpo monumentale, è diventata il criterio metodologico e il filtro concettuale di ogni scelta che ha riguardato l’intero complesso, incluso il nuovo edificio dei Laboratori e gli spazi aperti. L’impressione di unità, continuità e rispetto è stata ricercata nella scelta dei materiali in tutto l’intervento, nella ricerca delle proporzioni tra le parti, nella relazione rispettosa tra edifici nuovi e antichi e nel modo in cui dialogano attraverso gli spazi pubblici. Alla ricerca di un rapporto equilibrato ma innovativo tra antico e contemporaneo, tra riscoperta di spazi inserendo nuovi usi compatibili, nell’articolazione nelle tre aree di intervento il progetto coniuga indissolubilmente i molteplici fattori di rigenerazione con l’attenzione al valore sociale, ispirato nella scelta di nuove funzioni dalla matrice benedettina in grado di coniugare conservazione con innovazione. Il nuovo edificio dei Laboratori Aperti Urbani definisce il completamento e la chiusura a nord del complesso monumentale, rappresentando il limite verso la città novecentesca alle sue spalle. I Laboratori rappresentano la “macchina” gestionale del complesso, aspetto enfatizzato dall’emergere nella copertura inclinata dei volumi tecnici a servizio anche del corpo monumentale, evitando di portarvi macchinari incompatibili con l’antico monastero. Concepito come sequenza di spazi seriali e modulari improntati alla massima flessibilità, l’edificio si definisce anche in relazione agli spazi esterni favorendo la ventilazione naturale passante. La facciata sud consente il massimo apporto dell’illuminazione naturale controllata attraverso un sistema in policarbonato e listelli di legno da cui emergono le testate dei setti in calcestruzzo per denunciare la scansione degli spazi interni. La vetrata che corre per tutta la lunghezza consente la vista ininterrotta del muro perimetrale dell’antico monastero, escludendo la vista superiore, a sottolineare un ambito protetto nel cuore della città. Il Laboratorio è pensato per ospitare attività di innovazione con una duplice funzione: quella privata e laboratoriale, quella pubblica favorendo processi di interazione e contaminazione. L’aspetto seriale, la nuda struttura, il ritmo della facciata nella ripetizione dei suoi elementi concorrono a richiamare un dialogo a distanza con l’ordine monumentale e la parte basamentale non finita del corpo antico.