Pause è un sistema integrato con un ristorante, una caffetteria e uno shop all’interno del Centro Internazionale Loris Malaguzzi a Reggio Emilia, sede di Reggio Children, eccellenza reggiana riconosciuta in tutto il mondo. Un luogo ed una filosofia di food che uniscono, con attenzione al territorio, cibo e cultura. Pause con i suoi spazi e le sue proposte vuole portare una nuova attenzione alla cultura del cibo, diventando terreno di incontro, di educazione alimentare, gastronomia, etica ed estetica uniti a cura degli ambienti e della tavola. Per capire in che direzione va il trend del food ci siamo rivolti alla chef di Pause Dalila Davoli
Qual è il trend del mercato della ristorazione oggi?
“In questo particolare momento di pandemia hanno preso piede alcune attività che contribuiscono a creare una idea di cucina diffusa come asporto o delivery. Come conseguenza anche delle restrizioni si è resa più che mai urgente una nuova filosofia ispirata al sostegno dell’economia locale, utilizzando prodotti stagionali a km0, non spreco, riutilizzo degli scarti, quindi salute e benessere al primo posto con più opzioni vegetariane e vegane, piatti tipici e culturalmente rappresentativi”
Il pubblico è attento e preparato rispetto a ciò che mangia?
“Non sempre e non tutti lo sono. Compito del cuoco e della sua cucina è anche quello d’informare ed avvicinare il pubblico alla curiosità, alla degustazione, alla comprensione ed al gradimento”
Qual è il piatto che più qualifica la tradizione emiliana?
“Direi la pasta fresca in tutte le sue forme: dalle tagliatelle ai tortelli, ai cappelletti fino alla pastarasa o ai passatelli intesi anche come piatto di recupero, mi riferisco al pane raffermo. Dare valore anche alle cose che apparentemente l’hanno perso è un grande insegnamento di saggezza e cura verso il cibo in tutte le sue forme”.
Come vede il futuro della ristorazione dopo questa pandemia?
“Difficile, ma con nuovi trend: tavoli all’aperto, rispetto dell’ambiente, utilizzo di prodotti locali, proposte anche d’asporto, soprattutto cucina volta ad educare alla preservazione del proprio benessere, riscoperta della tradizione, anche nei suoi piatti più poveri, ma dignitosi e rispettosi”.
Tutti questi reality show sulla gastronomia hanno migliorato o peggiorato la concezione del suo mestiere?
“Il limite di base di questi programmi è dovuto al fatto che stravolgono la realtà di una cucina professionale, non rendono giustizia al lavoro che sta dietro all’ideazione ed all’esecuzione di un piatto. Non danno il giusto rilievo alla collegialità, allo spirito di partecipazione e cura verso le persone che stanno dietro la creazione di un piatto”.
Cosa l’ha spinta a intraprendere questa professione?
“Passione, curiosità, spirito di adattamento, voglia di esprimere il mio pensiero su estro e gusto. La cucina è un ambito che permette di esprimere la propria personalità e di comunicare”.
Qual è stata la sua soddisfazione più grande nei suoi anni da chef?
“Ci sono stati molti momenti di soddisfazione. Tra gli altri, essere riconosciuta per l’equilibrio dei sapori, essere riuscita a trasmettere ad altri le mie conoscenze, essere diventata anche imprenditrice, senza accorgermene”.
Cosa consiglia a chi sta per intraprendere questa professione?
“Umiltà, perseveranza, vivacità e curiosità: sono caratteristiche indispensabili, oltre ad una buona scuola o ad un buon maestro”.
E cosa consiglia invece a chi volesse aprire un ristorante oggi?
“Avere un buon team di consulenti, uno staff selezionato, ma anche in grado di mettersi in discussione ed adeguarsi, spirito di sacrificio e sguardo sempre alle novità, agli spunti che eventi o circostanze possono suggerire, scegliere la posizione del locale, in funzione delle proprie proposte gastronomiche”
Cosa si augura per questo 2021?
“Penso che il mio sia il pensiero di tutti: vincere questo virus e rinascere in una veste nuova, più rispettosa e competente, continuando – a livello personale – lo stimolante percorso intrapreso con la cucina ed il progetto Pause Atelier dei Sapori, in questi anni”.